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Manipolazioni craniche in osteopatia

Manipolazioni craniche in osteopatia

L’essere umano, come risaputo, è un tutt’uno tra psiche e corpo (la parte organica).

Non è pertanto possibile riuscire a separare la psiche dal corpo, ed è proprio questa realtà non divisibile ad agire e che struttura nel loro insieme le varie parti dell’organismo umano.

Il corpo altro non è che la parte dedicata a filtrare la psiche in azione e realtà, contemporaneamente sottostante e trascendente.

La psiche è una sola e fa del corpo un’unità.

Proprio per questo ogni tipo di ostacolo funzionale, abbraccia in tutto e per tutto nella sua completa fisicità l’essere umano, tra mente e corpo (o se si preferisce: tra anima e corpo).

Una situazione analoga avviene per la spina dorsale e tutto il restante apparato scheletrico, incluso il cranio e del relativo sistema osteo-articolare.

Prendendo ad esempio in esame il cedimento della fisiologica struttura plantare (la classica curva naturale del piede), essa è in grado di sbilanciare conseguentemente di riflesso il bacino, che a sua volta nel tempo potrebbe tramutarsi in un dolore causato da artrosi dell’anca, la quale può a sua volta favorire sempre a seconda del grado di assestamento corporeo e delle conseguenti infiammazioni, artrosi a livello lombare sfociabile in ernia del disco intervertebrale fra L4 ed L5, oppure in un nervo sciatico da qualche parte compresso e dunque dolorante.

Persino una semplice scoliosi può avere origine da differenti altri stati di lesioni dislocate e apparentemente indipendenti dalla zona interessata, spesso infatti una struttura spinale storta può avere origine da una lesione cranica, questo perché il forame occipitale situato alla base del cranio e nel quale si innesta la prima vertebra cervicale, è sede di passaggio di innumerevoli radici nervose e muscoli, che possono se compromessi o dislocati ripercuotersi su tutta la linea del segmento spinale.

L’occhio e il cranio nella manipolazione cranica

L’orbita ha là forma di una piramide quadrangolare: la bozza orbitale dell’osso frontale ne costituisce la faccia superiore, la parte antero-superiore, prima del mascellare superiore e l’apofisi orbitale del palato formano la faccia inferiore.

La branca che sale dal mascellare superiore, l’unguis ed una parte dell’etmoide (osso piano) formano, dall’avanti all’indietro, la faccia interna.

L’osso malare e una porzione dello sfenoide (parte orbitaria della grande ala) costituiscono la faccia esterna.

Occipite e sfenoide (osso mediano che occupa la parte anteriore e mediana della base del cranio) si relazionano tramite una cerniera: la sinfisi sfeno-basilare.

Questo insieme forma la base del sistema cranico.

Il cranio non è una scatola inerte: le differenti ossa che lo compongono sono articolate da suture, alcune delle quali, dentellate, interagiscono con altre perfettamente complementari (ad esempio, la squama del temporale).

L’insieme articolare craniale, in apparenza inerte, in realtà non lo è. Intorno alla cerniera (sinfisi sfeno-basilare) l’occipite e lo sfenoide effettuano un movimento impercettibile di flessione e di estensione, doppio movimento perfettamente assorbito dalla squama dell’occipite e dalla grande ala dello sfenoide, la quale, secondo gli osteopati, effettua un movimento di rotazione esterna, in avanti, e di rotazione interna, indietro, con una cadenza di dieci volte al minuto.

Questo movimento si ripercuote sulle quattro facce della cavità orbitaria, che cambia forma con la stessa frequenza.

Il flusso ritmico craniale si ripercuote su tutto l’occhio, e dunque sul nervo ottico e la retina, gli involucri dell’occhio, il corpo vitreo, il cristallino, l’umor vitreo, i muscoli motori.

Quindi, possiamo domandarci quali sono le conseguenze di un trauma, di una forza antagonista che disturba l’articolazione craniale e che perturba questo flusso ritmico; disturbi alla vista sono consequenziali: disturbi della rifrazione (miopia, astigmatismo, ipermetro-pia), riduzione dell’acutezza visiva, aumento della tensione intra-oculare con la relativa incidenza riduttiva del campo visivo, lo scollamento del vitreo, scotomi, retinopatia.

In questo caso, il terapista e dott. osteopata, durante le manipolazioni delle articolazioni craniche, è in grado di ridurre i disturbi intervenendo manualmente.

Il terapeuta agirà sulla sutura parieto-occipitale poggiando una mano su questa articolazione ed esercitandovi una pressione, mentre porrà l’altra mano sull’orbita, la regione diametralmente opposta.

E’ questa tensione ben definita (abilità del terapeuta) che permette di ristabilire la circolazione del flusso cranico al ritmo fisiologico sopra menzionato.

Naso, orecchie e gola nelle manipolazioni cranio sacrali

I seni che circondano le fosse nasali sono cavità arieggiate, scavate nello spessore dell’osso.

In numero di quattro paia, sono disposte ad ambo i lati dell’asse della faccia: il seno mascellare, nello spessore del mascellare superiore, il seno etmoidale scavato nell’etmoide; il seno sfenoidale, formato da cavità, nel corpo dello sfenoide; il seno frontale scavato nella porzione anteroesterna dell’osso frontale.

Consideriamo innanzi tutto i due seni frontali, a destra e a sinistra della linea mediana.

Tappezzati da una mucosa (lo stesso dicasi per gli altri seni), che altro non è che una estensione della mucosa nasale, questi seni comunicano mediante la loro base, con ogni seno etmoidale.

Come per l’occipite e lo sfenoide, l’osso frontale ha un duplice movimento di rotazione esterna ed interna. Evidentemente, anche i seni frontali hanno lo stesso movimento.

In caso di sinusite, questo movimento ritmico è perturbato a livello dell’osso frontale.

Per ristabilirlo, l’osteopata pone le mani sulla fronte, le estremità delle dita poste leggermente al di sopra delle orbite, ad ambo i lati della sutura frontale (sutura metopica), ormai obliterata. In questa posizione, egli esercita una serie di lievi pressioni che si integreranno con l’influsso craniale e contribuiranno a drenare i seni frontali.

I seni mascellari comunicano con le fosse nasali mediante lo hiatus mascellare. Il mascellare superiore, formato da due ossa simmetriche (dette anche “mascellari superiori”), partecipa alla formazione della cavità buccale, delle fosse nasali, delle orbite e della fossa zigomatica.

Il mascellare ha, come le ossa sopra citate, un duplice movimento di rotazione, esterna ed interna; una sinusite localizzata a questo livello o un trauma ostacolano tale movimento.

Per ridurre questa alterazione, il terapeuta pone le mani ai lati della faccia, in modo che le punte delle dita siano collocate superficialmente all’arcata dentaria.

La lieve pressione esercitata sulla parte anteriore del mascellare superiore si integra con l’influsso craniale ritmico ed esercita sui seni un’azione di drenaggio.

Cosa può ancora trattare la manipolazione cranica osteopatica?

Una meticolosa terapia cranica osteopatica può tentare dì ridurre il raffreddore da fieno o la rinite vasomotoria.

La manovra necessita della pressione del ganglio sfenopalatino, rigonfiamento situato all’estremità inferiore del nervo vidiano.

Per raggiungerlo, il terapeuta introduce l’indice nella bocca, al di sopra della parte superiore dell’arcata dentaria; l’estremità del dito deve porsi anteriormente alle apofisi pterigoidee dell’osso sfenoide.

La posizione dell’indice permette di sollecitare il ganglio sfenopalatino, mentre l’altra mano, sul lato opposto, accogliendo la bozza parietale esterna, serve da appoggio.

La lieve pressione esercitata, consente di riequilibrare l’influsso craniale ritmico.

Si richiedono spesso varie sedute e talvolta non in tutti i soggetti si riesce ad eliminare la rinite.

L’osteopata può ugualmente tentare di ridurre il “ronzio” alle orecchie.

Questo disturbo, molto fastidioso, può essere, in effetti, collegato ad una perturbazione del ritmo craniale.

In questo caso, è chiamato in causa l’osso temporale, animato, come tutte le ossa della scatola cranica, dal duplice movimento interno ed esterno.

L’asse va dall’apofisi mastoidea alla punta della piramide.

Il terapeuta pone le estremità delle dita inferiormente al temporale, al limite dell’articolazione mastoido-occipitale, e le dita dell’altra mano sul lato opposto, in corrispondenza della giunzione dello sfenoide con il frontale (porzione anteriore della fossa temporale).

Il tentativo di riduzione delle vertigini richiede le stesse manovre.

Qui non ho dato che qualche esempio di interventi possibili dell’osteopata nel campo dell’otorinolaringoiatria, ma altre affezioni possono essere trattate in maniera simile.

E’ un metodo che dovrebbe essere praticato almeno da tutti gli osteopati e chiropratici.

E’ nuovo? Non del tutto: risale infatti al 1939 (Stati Uniti), in seguito ai lavori del Dr. William Garner Sutherland, allievo del Dr. Andrew Taylor Still, considerato dai libri di storia come il pioniere della medicina osteopatica.

Questo studioso scopri la mobilità ritmica delle ossa del cranio e la sua corrispondenza con la mobilità del sacro. W.G. Sutherland lavorò a tali ricerche per 15 anni e perfezionò i suoi primi atti terapeutici che, solo ora, cominciano ad essere conosciuti e predicati in Europa: e non credo di sbilanciarmi eccessivamente nell’affermare che tale metodo si svilupperà sicuramente in avvenire.